Villa Merlo

Villa Merlo è di proprietà del Comune. E’ stato firmato dal Sindaco, Dott. Giuseppe Cannizzaro, e dal rappresentante della famiglia Aiello, proprietaria della strutturatagli anni ottanta, l’accordo che sancisce l’acquisizione della villa al patrimonio immobiliare dell’Amministrazione comunale. L’acquisto dello storico immobile è stato finanziato dall’Assessorato ai Beni culturali ed<Ambientali della Regione Siciliana. Il costo complessivo della struttura è di 920 mila euro, dei quali 780 mila a carico della Regione ed il resto a carico delle casse comunali. La villa, una volta ristrutturata sarà sede di rappresentanza, pinacoteca centro studi e congressi.

Villa Merlo è ubicata in Contrada Gorga, Piano De Simone, in fondo a Viale Merlo, esteso complessivamente oltre mq. 30.000 e   costituito da villa nobiliare su due piani fuori terra con ampia terrazza e sottostanti ambienti interrati, corte interna, porticati, magazzini con macine e frantoi, chiesetta con canonica, pozzi, flora ed ampio appezzamento attivato a limoneto esteso catastalmente oltre Ha 2.6856 circa. Inoltre il complesso immobiliare comprende altro appezzamento di terreno, esteso circa mq 1092 con brani dell’originario viale d’accesso, con due alti pini marittimi, ubicato oltre il taglio dell’autostrada  Messina – Palermo.

Trattasi di un baglio seicentesco, trasformato nel secolo XVIII in  villa con dovizie di decorazioni, a pieno titolo rientrante nel vasto sistema residenziale, extra moenia, che ebbe un grande sviluppo e segnò culturalmente, con architetture, giardini e agri la piana palermitana ed il sud interland. Il baglio, come altre ville disseminate nella campagna tra Bagheria e Santa Flavia, venne trasformato per assolvere sia alla funzione di residenza stagionale di villeggiatura sia come centro dell’attività produttiva basata sullo sfruttamento agricolo. Le feritoie, tuttora leggibili, testimoniano la preesistenza del manufatto del XVII  secolo, centro e presidio dell’organizzazione per lo sfruttamento delle risorse agricole do un ampio territorio.

Per ubicazione, dimensioni, forma e fattura le diverse fabbriche e pertinenze che costituiscono l’insieme si pongono in stretto ed armonioso rapporto gerarchico, caratteristico della tipica “villa feudale” del XVIII secolo.

Il riadattamento da baglio rustico a villa si deve a Giuseppe Merlo, che nel 1781 acquistò il titolo di marchese di S. Elisabetta dai Gravina principi di Montevago. Il Villabianca nel Palermo di oggigiorno cita la villa e ne descrive incantato il lungo viale d’accesso, fiancheggiato da muri e da una lussureggiante piantagione di cipressi. A causa della realizzazione dell’autostrada Palermo – Messina il viale è stato tagliato, ne residua un brano e l’ingresso, significato da due splendidi esemplari di pini marittimi di alto fusto ed ampia chioma.

In epoca Luigi XVI, venne decorato il fronte prospettante sulla flora con un ricco gioco di terrazze e si aprì in asse con il fronte un lungo stradone alberato degradante verso il mare.

Nell’impianto coreografico delle ville settecentesche le costanti principali erano tre, lo scalone, il fastigio e il viale d’accesso, dal quale si poteva godere l’effetto prospettico della facciata. Infatti nelle grandi ville auliche bagheresi, realizzate dopo il primo quarto del settecento, il viale diventa un elemento costante e forse il più indicativo del livello della vita campestre e degli impianti villerecci. La sua estensione dipende dall’ampiezza del fondo e si sviluppa generalmente in leggera salita verso il prospetto, posto in posizione dominante rispetto all’ingresso. Attraverso l’apertura del viale veniva sfruttato il naturale dislivello per la veduta coreografica della facciata, anche se non costituiva fronte principale , come nel caso di Villa Merlo.

Il magnifico viale, poi adornato da un doppio filari di pini, era intatto sino all’ultimo conflitto mondiale, quando gli alberi vennero abbattuti per realizzare legna,ne furono risparmiati soltanto due all’ingresso, tutt’ora esistenti. Nella seconda metà del XX secolo la realizzazione dell’autostrada ne ha purtroppo interrotto la scenografica continuità.

Dell’impianto permangono inoltre la flora con il bel pozzo ottagonale, l’abitazione padronale con antistante ampio terrazzo, la corte, i magazzini, i corpi accessori, le abitazioni della servitù con la  casa del custode, i porticati, un pozzo a pianta quadrangolare molto profondo, la cappella con la canonica e gli attigui terreni coltivati, un insieme di architettura e paesaggio antropizzato e naturale ancora racchiuso entro le originali mura di cinta. Il cosiddetto firriato, il vasto agro storico di pertinenza, èn delimitato da ati muri, realizzati con grossi conci, il terreno è dotato dell’originario sistema di raccolta idrica funzionale alla coltivazione dei terreni, coltivati prevalentemente ad agrumi, come nella tradizione di questo territorio che ha storicizzato nel tempo un caratteristico paesaggio agrario ancora in buona parte integro e godibile.

Il corpo principale presenta la classica sistemazione delle ville del tempo con piano terra più ampio del primo, dotato di ampie terrazze. La facies della villa è composta secondo una rigorosa simmetria rispetto ad una verticale, scandita da piatte lesene ed impreziosita da elementi decorativi fitomorfi di stucco. Le aperture sono incorniciate da eleganti mostre sormontate da cornici architravate con frontoni retti e curvi, devoziosamente disegnati da volute e festoni.

La facciata settentrionale, rivolta verso la flora, è in asse con il viale d’accesso e  rialzata da un’ampia terrazza. Quest’ultima è ammattonata in cotto e cintata da un elegante balaustra intagliata nella calcarenite, al di sotto sono ricavati ambienti voltati, presumibili cisterne, comunicanti con l’originario sistema di raccolta idrica della villa e con il vicino pozzo ottagonale della flora.

Addossati al muro di prospetto sono otto panche, realizzate con seduta in pietra e schienali di malta, impreziositi da vivaci policromie e dai contorni mistilinei, ad imitazione di seriche tappezzerie da salotto come negli arredi interni delle ville coeve i sedili presentavano diverso disegno a seconda della dislocazione sul fronte. Tali elementi costituiscono peculiare testimonianza del talento e della creatività artigianale, ulteriore arricchimento per la cultura ufficiale e trattatistica e delle realizzazioni palermitane prossime all’avvento del Neoclassicismo. Il prospetto, decorato da motivi ornamentali e tripartito dalle lesene, mostra al piano superiore tre balconi costituiti da lastre di marmo e mensole metalliche.

Le aperture sono sormontate da frontoni retti e curvi, canonicamente alternati, il finestrone centrale mostra sull’architrave, nella tradizione delle dimore per la villeggiatura di un tempo, un’iscrizione sotto lo stemma del timpano: PARVA SED APTA MIHI.

Nel primo settecento l’accesso al corpo residenziale avveniva da un viale obliquo attraverso la corte e lo scalone, elemento aulico e< costante degli impianti coevi, che nobilitava quello che doveva essere considerato il prospetto principale della villa. Il fronte meridionale (facciata principale nella prima fase di trasformazione da baglio a villa) è fastosamente segnato dall’aulico scalone, incastonato entro la corte, a doppia rampa con prezioso parapetto di balaustrini. L’ingresso al piano superiore è sottolineato dal portalino sormontato dal timpano, sul cui lato destro è affissa una piccola meridiana, incisa in una lastra di Carrara. Altra grande meridiana si trova nel riquadro in malta del fronte prospiciente sulla terrazza orientale, a fianco del finto finestrone, come nella tradizionale poetica barocca, solamente dipinto nel rispetto della composizione simmetrica.

Il corpo principale è concluso ai lati orientale ed occidentale da due ampie terrazze (quella ad ovest attualmente non praticabile), delimitate con parapetti a balaustrini in pietra. Il muretto d’attico, finemente ornato da motivi fitomorfi, su cui svettano, in asse con le lesene, i tradizionali vasotti settecenteschi, copre il tetto costituito da un doppio spiovente definito dai coppi.

Analogamente alla facies degli esterni, la disposizione interna del corpo principale è composta secondo una rigorosa simmetria rispetto all’asse verticale, che dall’ingresso corre lungo il viale, intercetta la flora e gli scalini d’invito all’ampia terrazza del piano terra, la terrazza stessa, l’apertura centrale del fronte nord, attraversa ortogonalmente il corpo centrale e divide simmetricamente lo scalone della facciata meridionale.

All’interno della casa padronale sono ampi ambienti disposti a doppia enfilades, con volte elegantemente decorate a motivi fitomorfi di stucco di pregiata e fine fattura tardo settecentesca.

Dallo scalone si perviene al piano superiore, anch’esso dotato di ambienti voltati con le< stesse caratteristiche decorative sopra citate, il piano mobile presenta pavimenti in cotto originale e gli infissi lignei esterni ed interni di antica fattura. Nelle murature d’ambito a  nord e a sud sono visibili altre tracce di feritoie.

L’ampia corte, con piano di calpestio ricavato direttamente con il livellamento del terreno roccioso è delimitata da costruzioni a servizio della casa padronale, magazzini,  abitazioni della servitù e porticato, quest’ultimo innalzato da semplici pilastri in pietra e coperto da un unico spiovente. Sull’ala orientale permane l’ingresso in fase con l’antico baglio, aperto con ampio fornice, attiguo All’abitazione del custode, dove al piano superiore sono tuttora rintracciabili nelle murature esterne le feritoie, che permettevano il controllo delle circostanze. L’ala occidentale è costituita da ampi ambienti adibiti a stalle e magazzini, questi ultimi custodiscono antiche mole di diverse dimensioni ed un frantoio.

Esterna alla casa padronale ed al recinto della corte, ubicata parallelamente rispetto l’ala orientale della stessa, con la quale comunica attraverso un passaggio è la piccola chiesa con attigua sagrestia e canonica. Il sacro edificio mostra in facciata un elegante portale, l’aula absidata è pavimentata con elementi invetriati bicromi composti a losanghe, la volta decorata a stucchi,la cui fattura e disegno sono in fase con le volte del  corpo residenziale. Una lapide sepolcrale della famiglia Merlo, datata 1885, la cui fattura appare attestarsi verosimilmente ai primi del novecento, è murata sulla parete destra,

In tempi recenti, specie al confine a sud con il territorio del comune i Misilmeri, sono sorte ad una certa distanza del muro di cinta della tenuta alcune costruzioni, concreta manifestazione della pressione edilizia che incombe sulle aree agricole prossime ai centri abitati, per tale scadente attività edilizia sussiste il rischio che venga compromessa la salvaguardia del paesaggio circostante.

Foto e testa tratti da documenti di Michele Manna (www.ficarazzi.it)



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