Record di ascolti per la fiction Modugno con Beppe Fiorello.

Con oltre 10 milioni di telespettatori ed il 35% circa di share“Volare – La grande storia di Domenico Modugno” è una delle fiction italiane più seguite di sempre. Era dal 2006 che non si segnavamo questi ascolti. Lo straordinario successo della fiction sulla storia del cantante pugliese è frutto della grande qualità della regia di Riccardo Milani, della sceneggiatura curata da Sandro Petraglia e Stefano Rulli, e della intensa interpretazione di Beppe Fiorello. Insieme sono riusciti a ricostruire il clima di quell’epoca attraverso la storia di un mito. La fiction è giunta al pubblico sulla scia di una bellissima edizione del Festival di Sanremo.

Come è stato interpretare Modugno sul palco dell’Ariston?

Una emozione incredibile con un pizzico di sana tensione. È stato un triplo salto mortale. In primis cantare una canzone di Modugno durante un Festival di Sanremo. Poi raccontare sul palco gli sforzi per la realizzazione della fiction. Ed infine, in crescendo, l’aver donato la giacca di Mimmo alla moglie Franca.

Cosa ha scoperto durante la lavorazione della fiction?

Ho scoperto che Modugno ha scardinato il sistema di scrivere, cantare. Viveva in un periodo difficile, nel dopoguerra. La sua è una storia che attraversa il paese, la sua crescita, la ricostruzione morale e fisica. Era un ragazzo che costruiva un sogno, un giovane che voleva raccontare storie, aveva fame. Nel primo repertorio, le morti sul lavoro, i minatori morti per due lire. Tutto questo mentre il paese costruiva se stesso. Poi è esplosa magia con “Nel blu dipinto di blu” ed il Paese volò. Perché la musica può cambiare il mondo, quella canzone ne fu una dimostrazione.

Qual è stato l’episodio più interessante della vita di Modugno?

Durante le prove che fece nel 1958 prima della vittoria, al termine della sua esibizione allargò le braccia. Il regista gli disse che durante la messa in onda non avrebbe dovuto farlo perché usciva fuori dallo schermo. Lui rispose: “Io lo faccio così”. Da qui si evince la sua indole di non rispettare le regole imposte. Un qualcosa che si capiva da come interpretava la vita e le canzoni. Non gli si poteva dire come fare. Andava preso per come era.

C’è qualcosa che vi accomuna?

Con le dovute e rispettose differenze credo che il percorso mio e di mio fratello sia simile a quello di Domenico Modugno. Entrambi veniamo dalla piccola cittadina, non è facile convincere i paesani che tu hai dei sogni, la provincia non abbraccia facilmente chi ha progetti. Lui infatti era additato e accusato di avere ambizioni. Era figlio di un polizziotto, nostro padre era appuntato della finanza. Lui iniziò con la radio, facendo il rumorista. Anche noi iniziammo su Deejeay, poi mio fratello proseguì su Radio Due. Entrambi abbiamo fatto cinema e televisione, poi musica, teatro. Inoltre c’è una affinità impressionante con nostro padre, in alcune foto da giovane era identico a Modugno.

Cosa le è rimasto addosso di questo personaggio?

Mi ha lasciato in eredità un sentirmi parte della sua famiglia. Si è instaurato un bellissimo rapporto con la signora Franca, una amicizia profonda, che non sarebbe mai accaduto se non avessi recitato in questa fiction. Ed anche un rapporto delicato, confidenziale e profondo con il figlio Massimo. Quindi la sua famiglia ha ben visto la sua performance? La moglie Franca è stata entusiasta. Al termine di una prima proiezione inter nos ha esclamato: “Grazie, sono commossa e divertita, siete nel mio cuore. Ho visto Mimmo in tutto e per tutto”. È stato un momento bellissimo e paradossale perché i parenti erano più soddisfatti di me, io ero più esigente. Mi sentivo in dovere di cercare la perfezione. Anche Modugno era un perfezionista.

Dopo “Volare” possiamo immaginare un disco: Fiorello canta Modugno?

È un mio desiderio. Sarebbe bellissimo ricordarlo con un disco reinterpreto alcune delle sue canzoni. Non ci sono ancora progetti concreti, ma è un sogno che si può realizzare.

Qual è il personaggio che ha interpretato nella sua carriera che porta nel cuore?

Ricordo con particolare affetto Moscati, un medico napoletano che fu precursore del rapporto tra dottore e famiglia. Ha donato la sua vita ed il suo sapere ai poveri, è stato il medico dei bisognosi. Lo faceva con molto amore. Ha curato gli ultimi anni di Enrico Caruso restandogli vicino fino alla fine. È stato un onore di portarlo in scena.

Fonte articolo Alessandro Savoia per www.ilroma.net



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