Borgo Vecchio, il libro di Giosuè Calaciura ci porta in giro per i quartieri più difficili di Palermo

di Arcangela Saverino

Palermo, con i suoi storici rioni, con la sua arte e la sua cultura, è una città da scoprire. E se non si ha la fortuna di viverci o la possibilità di frequentata o anche solo visitarla, vengono in soccorso i racconti. Giosuè Calaciura, nato a Palermo nel 1960 è un giornalista e collabora con Radio Rai, con alcuni quotidiani e diverse riviste. Attraverso la sua penna, scopriamo la Palermo di cui in pochi parlano. Il suo libro “Borgo Vecchio” ci descrive uno dei quartieri più difficili di Palermo e chi conosce la città, chi la vive quotidianamente, sa perfettamente quanto sia complicato raccontarla. Perché Palermo è la città delle contraddizioni, dove lo splendore, la magnificenza, la grazia e l’eleganza si intrecciano con la bruttura, l’orrore e lo squallore.

Si abbracciano, si stringono. Nel suo libro, Giosue’ Calaciura, con uno stile che riesce a sorprendere, descrive perfettamente questa contraddizione che rende così affascinante una delle città italiane più belle. Borgo Vecchio si trova a ridosso del porto, nel cuore di Palermo. Qui, tra strade e viuzze, vivono i due compagni di scuola Mimmo e Cristofaro. Cristofaro che ogni sera subisce la violenza di una padre ubriaco che non sa come scatenare diversamente la propria disperazione.

La prostituta Carmela con la figlia che non potrà mai sapere chi è il padre, il rapinatore Totò che viene tradito dall’amico. Le loro vite s’incontrano tra amore e odio, tra l’illegalità più assoluta perché Borgo Vecchio è una specie di zona franca, impenetrabile per i tutori della legge. Ma Calaciura sa descrivere anche la poesia del quotidiano. Così il profumo del pane appena sfornato percorre le vie e viuzze del quartiere, raggiunge i clienti della salumeria del padre di Mimmo con la sua bilancia taroccata, “colpisce” i venditori del mercato storico, inebria Nanà, il cavallo di Mimmo costretto a sopportare le fatiche delle corse clandestine. Il profumo del pane si confonde con l’asperità della vita quotidiana, con la filosofia del “cavarsela sempre e comunque”. Il racconto è un’esplosione di odori e colori, di suoni e anche di silenzi.

Chi legge, ripercorrere nella propria testa le scene descritte, sente nel profondo le sensazione e le emozioni dei personaggi, vive sulla propria pelle i lamenti di Cristofaro, disprezzando l’omertà di un quartiere immobilizzato nella sua pietà. In una lingua e uno stile deliziosamente ricercati, con una scrittura così delicata da sembrare quasi poesia, l’autore descrive la vita del quartiere. Nel suo racconto breve, c’è tutto. Ci sono le contraddizioni che rendono misteriosa e affascinante la città di Palermo: amore e odio, rancore e generosità, invidia e altruismo. Ma, a prevalere c’è la speranza. La speranza del riscatto di Mimmo e Celeste, ancora giovani e pronti a lasciare alle spalle i segni di una vita che, a volte, una città come Palermo può costringerti a vivere. Non è loro la colpa se sono nati e cresciuti nel Borgo Vecchio.

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